Pelle by Sergio del Molino;

Pelle by Sergio del Molino;

autore:Sergio del Molino; [Molino, Sergio del]
La lingua: ita
Format: epub
ISBN: 9788838944598
editore: edigita
pubblicato: 2022-10-04T22:00:00+00:00


Quando finisce la giornata di lavoro

C’era una volta, figlio mio, una cantante dalla voce acuta che cantava come una bambina allucinata, componeva come un’analfabeta e ballava come un’epilettica. E che tuttavia compose, cantò e ballò una delle canzoni più importanti del mondo. Certo, tuo padre non comprese l’importanza di quella canzone finché non diventò adulto, adulto come lo vedi ora, già pronto per la rottamazione, nell’età in cui le cose si dicono come di passata perché ormai nessuno le ascolta più. Bisogna essere davvero sordi o annebbiati per non sentirsi interpellati dalle parole o trascinati a ballare dalla musica, ma mentre il mondo ballava e cantava questa importantissima canzone, io mugugnavo in fondo a un bar, nascosto dietro un burka di cotone nero con stampe di gruppi heavy metal, sprecando non solo la mia adolescenza e rovinando il Rinascimento della pelle, ma disprezzando un’opera d’arte sublime che parlava di me più di qualunque altra canzone avessi ascoltato in vita mia.

Allora, a metà degli anni Novanta, era già una canzone vecchia, anche se non passata di moda, perché era nata classica. La si sentiva dappertutto, come adesso. Può suonare a metà di un film, ed è raro che manchi in una festa davvero bella. Ce ne sono più di venti versioni famose ed è stata rimaneggiata in tutti gli stili. È stata nobilitata da violini, voci melodiche, ritmi jazz, chitarre acustiche, sonorità heavy metal, arrangiamenti per orchestra e perfino cori da chiesa. Molte di queste versioni mi piacciono, ma la migliore rimane sempre la prima: sgangherata, rudimentale, da organetto di strada.

Per il ragazzo che disgraziatamente sono stato, la frivolezza era un peccato di lesa gioventù, e le canzoni delle hit parade mi davano addirittura un fastidio fisico. Il pop era l’espressione più banale del consumismo capitalista, e noi, i nipoti di quelli che avevano perso la guerra, non potevamo tollerare l’alienazione borghese e l’esaltazione idiota dell’ignoranza mentre gli zapatisti soffrivano nella Selva Lacandona. Erano così tanti e gravi i problemi del mondo che trovavamo imperdonabile tutta quell’allegria. Meno male che era venuto Kurt Cobain a spazzare via con un colpo di fucile i lustrini e le paillettes, e con lui era arrivato un esercito di ragazzi tristi in camicia di flanella con i quali, sebbene non si potesse discutere perché parlavano a monosillabi, ci si poteva intendere e si poteva condividere l’angoscia per il futuro catastrofico del pianeta. Alcuni si suicidavano perfino, ma per lo più ci accontentavamo di sospirare.

Le ragazze vogliono solo divertirsi, diceva la canzone. E non diceva altro. Il ritornello era tutto. Ma come divertirsi, santo Dio? Le ragazze semmai vorranno guardare la pioggia dai vetri della propria stanza, o scrivere versi di Neruda sulla cartellina degli appunti di scuola. Certamente le ragazze che conoscevo io mai e poi mai avrebbero voluto divertirsi. Le più intelligenti volevano una media alta per poter entrare a medicina. Voleva forse divertirsi la mia ex ragazza punk? Si stava forse divertendo quando si era scritta sull’avambraccio il nome di Sid Vicious con



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